Direzione Zen è il mio primo libro, la mia prima sfida in questo affascinante mondo della scrittura. È un libro il cui scopo vuole essere quello dirigere lo sguardo del lettore verso il proprio sé e, attraverso la propria interiorità, far sì che questi possa riscoprire il mondo esterno.
Ho scritto questo libro per ricordare a tutti noi (e in primis a me stesso) che non siamo fatti di sola materia, la componente fondamentale della nostra essenza è lo Spirito, anche se purtroppo la vita frenetica che la cultura occidentale ci impone, troppo spesso ci porta a dimenticare chi siamo veramente. Per esprimere al meglio tutto questo, voglio rubare adesso una celebre frase al filosofo francese Pierre Teilhard De Chardin:
“Noi non siamo esseri umani che vivono un’esperienza spirituale. Noi siamo esseri spirituali che vivono un’esperienza umana.“
Ho sentito il bisogno di comunicare questo concetto, e l’ho fatto attraverso tre distinte storie. Tramite tre personaggi che, per un motivo o per un altro, si ritrovano a fare i conti con qualcosa che li porterà a fare un passo verso la consapevolezza. Magari non tutti la raggiungeranno, ma senz’altro la direzione che prenderanno è quella giusta.
Kunō.
Un ragazzo come tanti che si trova in Giappone per un viaggio di piacere e, per arricchire ulteriormente questa esperienza, decide di visitare uno sperduto monastero buddista. Qui farà un incontro che gli permetterà di cambiare il punto di vista da cui osservare le cose.
Noburu.
Uno strambo monaco buddista senza peli sulla lingua che, proprio per questa sua caratteristica, è sempre stato etichettato come “pazzo”. In realtà in lui vi è un singolare esempio di connubio tra follia e saggezza.
Hope.
Una ragazzina di paese e il suo strampalato zio, un hippie motociclista che ha girato il mondo, si recano fuori paese per una gita di un giorno. Dall’incontro con Snighda, una saggia donna indiana amica della zio, Hope riceverà dei preziosi insegnamenti che la aiuteranno a crescere.